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INTERVISTA A BRANDO BENIFEI



Sono settimane difficili per l'Unione Europea. Il mancato accordo sull'immigrazione e sulla delicata questione del controllo delle frontiere rischia di far saltare uno dei pilastri dell'integrazione europea, la libera circolazione degli individui. Parliamo di questo (e di molto altro ancora) con Brando Benifei, il più giovane eurodeputato del gruppo dei Socialisti & Democratici, membro della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali e membro sostituto della Commissione per gli affari esteri.


1-In queste settimane si è assistito al ripristino in vari Paesi dei controlli alle frontiere, in violazione della lettera e soprattutto dello spirito del Trattato di Schengen. Secondo te, c'è davvero il pericolo di un suo progressivo smantellamento? E il processo di integrazione europea può andare avanti senza la libera circolazione delle persone?

Il ripristino dei controlli alle frontiere è un segnale estremamente preoccupante, anche perché nel vertice svoltosi ad Amsterdam è stata ventilata l'ipotesi di applicare l'articolo 26 del Trattato di Schengen, che prevede l'estensione a due anni della limitazione della libera circolazione nell'ambito dell'Unione Europea. L'abbattimento della frontiere ha costituito un momento fondamentale nella costruzione dell'unità europea. Metterlo in discussione in maniera duratura rappresenterebbe un serio rischio per il processo di integrazione. Per questo, così come ci si è impegnati per la preservazione dell'Euro, occorre mettere in campo ogni sforzo per mantenere in vigore Schengen. Da questo punto di vista la posizione espressa dall'Italia è molto chiara e integralmente condivisibile.


2- La crisi di Schengen nasce da una mancata corretta gestione del fenomeno migratorio. Che cosa non ha funzionato finora? E' ancora possibile una strategia comune europea per gestire i flussi migratori?

Spesso la gestione del problema non è stata affrontata a livello europeo ed è stata delegata invece ai singoli Stati. La crisi migratoria ha reso obsoleto il Regolamento di Dublino, che prevede che le richieste di asilo siano gestite dal primo paese di arrivo, ponendo una pressione eccessiva sui paesi di confine. La Commissione sta elaborando una proposta di modifica che verrà presentata a breve. Il tentativo della Commissione di risolvere il problema elaborando un sistema di quote ha incontrato l'opposizione di molti paesi ed è stato applicato con ritardi e difficoltà. L'Italia e altri paesi di confine stanno predisponendo gli hotspot per il riconoscimento dei migranti ma il trasferimento verso gli altri paesi procede troppo lentamente. Solo un sistema europeo che viene applicato ordinatamente e senza contestazioni può garantire una duratura soluzione del problema.


3- Da due Paesi dell'Europa orientale - l'Ungheria, e da poco purtroppo anche la Polonia - giungono notizie preoccupanti circa la deriva illiberale e autoritaria, oltre che fortemente nazionalistica e antieuropea, che stanno subendo il loro sistema politico e le loro istituzioni. Come può l'Unione Europea tutelare adeguatamente libertà e democrazia al proprio interno?

L'Ungheria rappresenta purtroppo da tempo un caso fonte di preoccupazione. A questo si aggiunge la Polonia, che di recente ha promulgato leggi sulla Corte Costituzionale e sulla televisione pubblica che presentano tratti illiberali. È per questo che la Commissione ha aperto una procedura sullo stato di diritto nei confronti dello stato polacco. Nei confronti di questi rischi occorre il massimo rigore, perché non ci si può permettere che derive del genere si espandano e si diffondano. Sarebbe pericoloso far passare il messaggio che importa più il rispetto dei parametri sul deficit che la tutela della democrazia negli Stati membri.


4-Negli ultimi mesi si è parlato molto di rafforzare il bilancio dell'Unione mediante la costituzione di risorse proprie, si è parlato anche di un'Eurotassa. Quali passi si stanno facendo in questa direzione? Sarà possibile affrontare in questa sede anche il complesso problema della concorrenza fiscale tra Paesi?

C'è stato effettivamente un dibattito che andava in questa direzione ma per ora non sono ancora state prese iniziative concrete. La questione della dimensione del bilancio europeo è centrale: purtroppo nella programmazione 2014-2020 non si è andati nella direzione giusta riducendo per la prima volta l'entità complessiva degli stanziamenti. Ad ogni modo, la presenza di fonti di finanziamento dirette dell'Unione servirebbe anche a riequilibrare il rapporto tra livello comunitario e intergovernativo, ora sbilanciato in direzione di quest'ultimo. Il problema della concorrenza fiscale tra Paesi è molto serio e va affrontato globalmente, in relazione alla questione dell'elusione fiscale spesso praticata dalle grandi multinazionali, che in molti casi sfruttano le differenze normative tra i vari stati per ridurre al minimo le aliquote pagate.



5-Alla luce della minaccia terroristica, dei difficili rapporti con Mosca e della complessa situazione del Medio Oriente e dell'Africa, quali sfide in politica estera dovrà affrontare l'Unione? Quale sarà il suo posto nei delicati equilibri dello scacchiere internazionale?

Credo che il ruolo principale dell'Unione dovrebbe essere quello di contribuire alla soluzione delle gravi crisi attualmente in corso, ponendosi come elemento di stabilizzazione. Faccio alcuni esempi. Nello scenario mediorientale l'Unione, grazie all'impegno dell'Alto Rappresentante Federica Mogherini, ha svolto un ruolo importante nel raggiungimento dell'accordo con l'Iran che ha portato alla fine delle sanzioni. Naturalmente il ritorno del paese sulla scena internazionale causa tensioni, come abbiamo visto in Arabia Saudita. Compito dell'Europa dovrebbe essere favorire diplomaticamente e politicamente il raggiungimento di un nuovo equilibrio. Sono intervenuto di recente in Parlamento sulla situazione nella Turchia Sud Orientale, dove sono in corso conflitti turco-curdi di violenza tale che potrebbero sfociare in una guerra civile. In questo caso penso che il ruolo dell'Europa debba essere quello di favorire un ritorno al processo di pace, non facendosi condizionare eccessivamente dagli interessi legati all'accordo con la Turchia sulla questione migratoria. Per quanto riguarda l'Africa, un esempio positivo di impegno è il rapporto con la Tunisia, caso di successo di stabilizzazione di un regime post-primavera araba, riguardo al quale è in corso una discussione per un ampliamento delle possibilità di commercio reciproco, per sostenere lo sviluppo economico del paese insieme a quello europeo.



6-Si è verificata sovente negli ultimi anni la messa in discussione dell'integrità territoriale di uno Stato europeo. In particolare, è di pochi giorni fa la notizia che la Presidenza della Regione autonoma della Catalogna, in Spagna, è stata assunta da un convinto indipendentista (mentre a Madrid non si riesce neppure a formare un governo). Quale sarebbe il comportamento dell'Unione di fronte a eventuali frammentazioni degli Stati?

Penso che uno scenario di rottura dell'unità statuale di alcuni paesi membri aggiungerebbe ulteriore tensione ad un contesto già difficile e dunque non sia un esito auspicabile. Penso che dovrebbero essere favoriti accordi che contengano queste rivendicazioni tramite la concessione di determinati elementi di autonomia.

7- In questo periodo di difficili sfide, l'Unione è anche presa di mira da tutte le forze populiste in rapida crescita nei diversi Paesi comunitari. Come si può a tuo parere rilanciare il grande progetto europeo?

È necessario riavviare il processo di integrazione, accettando, se necessario anche un'”Europa a due velocità”. Il contrasto dei populismi deve avvenire mettendo in atto politiche concrete che possano nuovamente dimostrare agli europei che dall'Unione può venire benessere e sviluppo. Bisogna dunque superare le politiche di austerità, promuovere investimenti europei, approvare politiche che diano ai cittadini l'idea che da Bruxelles non vengono solo diktat ma anche benefici. In quest’anno e mezzo molte cose hanno iniziato a muoversi nella direzione giusta ma c’è ancora molto da fare. E poi bisogna contrastare i populisti mostrano l'inconsistenza delle loro accuse e la loro incoerenza. Di recente ha girato molto un mio tweet di risposta a Salvini, che nonostante gli strali che continuamente rivolge all'Unione, non è mai presente nelle commissioni parlamentari per contestare nel merito le decisioni politiche che vengono assunte.


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